Molti sono i fattori che influiscono sull’approccio verso un progetto di internazionalizzazione: dalle dimensioni organizzative dell’azienda alle dinamiche di settore e di mercato, fino al contesto di riferimento. Dal mio osservatorio, nell’era pre-Covid, una delle variabili critiche ricorrenti riguardava la visione creativa, la capacità di individuare e perseguire un trend con un’iniziativa su uno o più mercati. In genere le PMI italiane sono focalizzate sul know-how interno dell’azienda perdendo talvolta di vista l’orientamento ai bisogni reali del target cliente estero per cui nei progetti di cambiamento è stato strategico lavorare su flessibilità ed ascolto. Un esempio che ho vissuto, in qualità di Temporary Manager, è stato il lancio di una linea nel settore tessile fashion in Giappone, dove per introdurre manufatti e materiali di alta qualità, è stato necessario rivedere il design per adeguarlo al gusto dei giovani stilisti. Un altro driver essenziale è stata la capacità di passare dal piano all’implementazione sul territorio. Trovato il partner in loco, sono state identificate e condivise iniziative e momenti di lancio.
Oggi di fronte ai cambiamenti indotti dal distanziamento sociale, bisogna osare e sperimentare di più. La variabile chiave è la resilienza per reagire velocemente di fronte allo shock e superare la stasi, l’immobilismo e la paralisi operativa .Resilienza strategica significa mettere in pratica nuovi modelli di business frutto delle nuove esigenze ( si pensi al trasporto di ultimo miglio ) , la resilienza operativa che migliora e semplifica i processi insieme con la resilienza organizzativa intesa come ri-qualificazione dei componenti del team, consentono di ripartire / riposizionarsi con una strategia agile basata sulla sperimentazione cogliendo i segnali del cambiamento in atto . Essere conservativi per garantire stabilità non paga più: il miglioramento incrementale non basta e l’innovazione di prodotto è insufficiente nel lungo periodo.
La sperimentazione richiesta è frutto di una pianificazione e di una strategia: la differenza sta nella rapidità di esecuzione disponendo sempre di almeno un contingency plan di riserva. Si tratta di adottare il metodo con cui scalano le start up: non con una pianificazione classica in tempi lunghi per arrivare ad un sistema prodotto servizio finito per poi lanciarlo sul mercato ma con una sperimentazione veloce di un prodotto poco più che prototipale su un gruppo di clienti. Si recepiscono i feedback, si migliora e si adatta il sistema all’esigenza e si estende l’utilizzo: in questo modo si riducono i tempi e i costi della pianificazione.
Nella sperimentazione è insito l’errore che la cultura aziendale delle PMI ha il compito di abbracciare come momento di crescita e analisi per trovare la soluzione. Questa è la rivoluzione a cui sono chiamate le aziende per sopravvivere oggi.
Stefano Munaron